È una bella Italia, quella che il 21 marzo a Padova, si è ritrovata in piazza per testimoniare che all’illegalità, alla corruzione che devasta i beni comuni e ruba la speranza, ci si può ribellare. Cinquantamila persone, di ogni età, hanno sfilato per le vie di Padova: “C’è gente che ha deciso di metterci la faccia e far capire da che parte sta. In questo momento nel nostro paese dobbiamo alzare la voce, mentre tanti scelgono un prudente silenzio” è l’incipit di Luigi Ciotti in piazza insieme ai tanti familiari delle vittime innocenti delle mafie, al Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho, Rosy Bindi e il segretario della Cgil Maurizio Landini. Durante il lungo corteo arriva il messaggio del Presidente Mattarella: “Vogliamo liberare la società dalle mafie. È un traguardo doveroso e possibile, che richiede a tutti impegno, coerenza, piena coscienza delle nostre responsabilità di cittadini. Pronunciare uno a uno tutti i nomi di coloro i quali sono stati uccisi dalle mafie è anzitutto un atto di rispetto e di dignità. Quella dignità che le consorterie criminali volevano calpestare deve restare indelebile nella memoria della nostra comunità”. Ma “scandire quei nomi – purtroppo tanti, troppi – è anche un atto di dignità che vale per ciascuno di noi. Ricordiamo persone che hanno pagato con la vita la dedizione al bene comune, il rispetto per la legalità, la ribellione alla sopraffazione criminale, la fedeltà a quei principi di umanità che le mafie negano con la loro stessa esistenza: rendere loro onore è un segno di libertà a cui sentiamo di non poter rinunciare, se non al prezzo di una grave ferita alla nostra coscienza. La memoria incalza le domande di verità, purtroppo in molti casi ancora oscurata. Le istituzioni pubbliche sono chiamate a fare la loro parte, avendo davanti numerosi esempi di valorosi servitori dello Stato e dei loro sacrifici”. Dal palco, mentre una buona parte del corteo non ha ancora raggiunto la piazza inizia la lettura dei 1011 nomi[1] delle vittime innocenti delle mafie. Un misto di commozione e rabbia trova sfogo in un lunghissimo applauso proprio quando l’ex giudice Gian Carlo Caselli legge l’ultimo nome. La manifestazione si chiude ancora una volta con le parole del suo fondatore, don Luigi Ciotti: “È da 163 anni che parliamo di mafie. Non è possibile. Non è possibile in un paese civile che l’80 per cento dei familiari delle vittime non conosce la verità o la conosce solo in parte. Abbiamo bisogno della verità su Giulio Regeni e Ilaria Alpi e abbiamo bisogno di notizie su Padre Dell’Oglio e Silvia Romano. Sto con la nave Mediterranea che salva le vite e sto con Roberto Saviano che scrive parole graffianti. Gli immigrati sono rappresentati come nemici e usurpatori fingendo di non sapere che è il sistema economico dell’occidente che ha depredato intere zone del mondo costringendoli a lasciare le loro terre i loro affetti. No alla gestione repressiva dei migranti, no all’attacco dei diritti umani. Le leggi devono tutelare i diritti non il potere”.
[1] L’idea di un elenco di tutte le vittime innocenti delle mafie e di Saveria Antiochia, madre di Roberto, un poliziotto ucciso a Palermo nell’estate del 1985 in un agguato mafioso in cui perse la vita anche il vive questore Ninni Cassarà. A lei si unì la voce di Carmela, la mamma di Antonio Montinaro, ucciso con Giovanni Falcone, di cui era il caposcorta. Libera, l’associazione di promozione sociale presieduta da don Luigi Ciotti, fondata nel 1995 con l’intento di sollecitare la società civile nella lotta alla criminalità organizzata e di favorire la creazione di una comunità alternativa alle mafie stesse, le ha sostenute e condiviso il grande valore umano e culturale della memoria e ogni anno il 21 marzo, il primo giorno di primavera, i nomi vengono letti nelle piazze italiane.