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Le emergenze sono molteplici e diversificate ma tutte gravose per le popolazioni che le subiscono passivamente.I conflitti contemporanei si moltiplicano, il 90% delle vittime sono civili e 1 su 3 è un bambino. Deboli figure umane che hanno la sola colpa di essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ne parla a Link Nico Piro, giornalista reporter in diversi scenari di guerra sollecitato dalle domande di Andrea Iacomini, portavoce Unicef italia. E’ un segmento di drammaticità: non sono solo i combattimenti, gli attentati o bombardamenti a fare vittime. Interi Paesi sono disseminati da mine antiuomo pronte a esplodere. Basta poco per venirne a contatto e modificare radicalmente la propria vita. Negli ospedali improvvisati o quelli eretti da Emergency, quotidianamente arrivano persone dilaniate dalle mine, soprattutto bambini che hanno perso entrambe le braccia o sono privi di vista perché la mina è esplosa loro sul viso. I luoghi hanno nomi diversi ma uniti dalla medesima tragedia: Afghanistan, Yemen in primis, senza contare i restanti luoghi che insanguinano l’Africa e l’Asia. E’ facile immaginare quali emergenze sanitarie ed economiche proliferano dietro queste situazioni, nello specifico è lo Yemen il Paese dove si sta compiendo la peggiore crisi umanitaria al mondo e i bambini sono i più vulnerabili. Secondo i dati Unicef 11,3 milioni di bambini (80% di tutti i bambini nel paese) hanno bisogno di assistenza umanitaria.; 1,8 milioni soffrono di malnutrizione acuta, fra cui 360,000 bambini sotto i 5 anni con malnutrizione acuta grave. Non vanno a scuola e più della metà non hanno accesso ad acqua sicura e servizi igienico sanitari. I bambini continuano ad essere uccisi o feriti a causa delle violenze, reclutati in gruppi armati o utilizzati per matrimoni precoci.
Una tendenza preoccupante che non risparmi chi lavora nell’ informazione. Negli ultimi 12 anni, nel mondo, sono stati uccisi circa 1000 giornalisti, l’anno scorso il numero dei giornalisti uccisi in aeree non di conflitto ha raggiunto quota 55% sul totale, superando quindi il numero dei reporter uccise in zone non di conflitto. Chiaramente, questi crimini restano quasi sempre senza un colpevole.
Foto: Paolo Giovannini (che ringraziamo per la concessione)