Il direttore d’orchestra torinese, aveva 48 anni e da tempo soffriva di una malattia neurodegenerativa, ma nonostante ciò era riuscito a diventare uno dei nomi più noti della musica italiana. A darne la notizia è stato il «Corriere della Sera».
In un’intervista a «Fanpage.it » il compositore dichiarò: “Sul palco sono senza spartito, faccio tutto a memoria. Quando dirigo è come se avessi tutti i suoni scritto, primi e secondi violini, violoncelli, bassi, flauti, oboi, clarinetti, fagotti, corni, trombe, tromboni, percussioni, io li ho davanti, per me è un contatto visivo, dirigere con gli occhi, con i sorrisi, mando anche baci quando qualcuno ha fatto bene”. Nella stessa intervista aveva lanciato una frecciata al mondo della Classica: “Dal mondo della musica classica ho subito tanti schiaffoni, ingiustizie, insulti, come quello che esistevo solo perché avevo una malattia: è evidente, non è che posso negarlo, quindi è ovvio che la prima reazione porta alla rabbia. […] È stata una vita basata sul lottare, sul pregiudizio. Fin da bambino ho lottato col fatto che un povero non può fare il direttore d’orchestra, perché il figlio di un operaio deve fare l’operaio, così è stato detto a mio padre”
Ricordiamo l’ultimo lavoro di Bosso “Grazie Claudio”, interamente dedicato a Claudio Abbado, il grande maestro d’orchestra scomparso nel 2014.